Andrea Doria

Andrea Doria


Agosto 1532
(Muharram 939)


Corfù

Con Cifut Rais


Intuendo l'imminente contro-offensiva cristiana a Cifut Rais veniva dato l'ordine di trasferirsi nel mare antistante Corfù.

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Nella vicina Zante, diretta verso l'Italia, ancorava la flotta ottomana comandata da Achmet Pascià e che vedeva molti corsari importanti tra le sue file:
Aluft, ad esempio, aveva il comando della retroguardia e in seguito avrebbe trasportato a Patrasso alcuni pezzi di artiglieria per poi indirizzarsi, con dieci galee e una fusta, prima a Glarentza, poi a Modone e infine a Koroni.
• Il fratello omonimo di Kurtog Alì avrebbe compiuto lo stesso tragitto, passando anche da Preveza e da Sapientza, al comando di quindici vele tra cui cinque galee e dieci fuste, prima di recuperare ai corsari due schierazzi venduti a Koroni e di ricondurre a Rodi la galea "Zena".
Seganta Rais avrebbe seguito a Preveza il capitano di Gelibolu Achmet Pascià con tredici galee e sei fuste barbaresche.
Efse Rais che si trovava nei pressi di Zante e aveva il comando di una galea e di tre fuste.
Suran Rais che era stato inviato dal capitano generale della flotta ottomama Achmat Pascià con dodici galee alla ricerca delle fuste dei corsari.

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Nello stesso arcipelago incrociavano, oltre alla flotta veneziana di Vincenzo Capello e Girolamo da Canal, molti comandanti cristiani:
Bernardo Salviati, che si avvicinava a Zante con la retroguardia di tre galee maltesi (per complessivi seicento uomini) e una caracca, la "Sant'Anna" comandata da Francesco Touchebeuf, con cinquecento uomini a bordo.
Saint Blancard che, riordinate le proprie navi in Provenza, giungeva a Itaca dove rapiva tre uomini per metterli al remo e dirigersi poi verso Glarentza e Cefalonia, prima di essere sorpreso e catturato da una nave di Mitilene.
Cristoforo Pallavicini che nei paraggi di Valona aspetta di congiungersi con la flotta imperiale, prima di essere inviato dal Doria in avanscoperta a Koroni per avvisare dell'arrivo dei rinforzi.
Antonio Doria che, uscito da Messina con la flotta e giunto nei pressi di Zante, alla notizia della fuga di Omer Alì veniva mandato con sette galee in avanscoperta a Modone a sorvegliare i movimenti degli avversari.

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Andrea Doria che aveva il comando di una imponente flotta di quarantotto galee, trentacinque navi grosse, fuste ed altri vascelli per un totale di cento vele. Per le fonti spagnole le galee sono quarantaquattro: diciassette del Doria, tredici pontificie, cinque maltesi, quattro di Sicilia, tre di Napoli, due di Monaco; fra le trentacinque grandi navi sono segnalati quindici galeoni e due caracche, una di Malta ed una di Genova, la "Grimalda". Il Doria salpava da Messina, alla sua destra si trova la capitana pontificia ed alla sua sinistra quella dei cavalieri di Malta, risaliva verso il mare Jonio lungo le coste calabresi, da Capo Rizzuto deviava per Santa Maria di Leuca e puntava sulle coste greche. Antonio Doria era collocato all'avanguardia, egli si poneva al centro con trentotto galee e Bernardo Salviati rimaneva alla retroguardia con quattro galee di Malta.
Aveva di fronte, a sorvegliare le coste greche, Omer Ali con ottanta galee. Il Doria si avvicinava a Zante, nel canale di Otranto incrociava una squadra della Serenissima guidata da Vincenzo Capello e da Girolamo da Canal, forte di sessanta galee. Venezia non era in guerra con l'impero ottomano per cui riprendeva il viaggio da solo. Nel frattempo le navi turche fuggivano dalle coste della Morea e venivano inseguite dagli imperiali quasi fino ai Dardanelli.
A settembre il Doria si gettava nel canale di Koroni e bombardava dal mare tale località che si trovava nel golfo di Messene. Un primo castello, a guardia del porto, si arrendeva dopo che i pezzi della caracca maltese e quelli di una nave genovese ne avevano smantellato le opere difensive; il secondo, chiamato Molineo, resisteva. Il conte di Sarno, Girolamo Tuttavilla, e Girolamo di Mendoza sbarcavano con i loro uomini ed assalivano il forte da terra, ma gli assalitori si dovevano ritirare a causa della resistenza riscontrata.
Il capitano genovese ordinava, allora, un ulteriore attacco da terra e, sfruttando la corrente ed i fondali, si accostava su un altro fronte. Spediva in avanscoperta le due navi più grandi e piombava su una squadra musulmana di lato, mentre un suo corpo d'armati sbarcava a terra. Nelle prime ore della notte veniva sorpresa una spia, venuta dall'esterno, con un messaggio per gli assediati con il quale costoro venivano informati che il mattino seguente sarebbe arrivato un corpo di settecento cavalieri turchi per attaccare alle spalle gli imperiali. Il Tuttavilla faceva lavorare gli zappatori al fine di costruire bocche di lupo, da coprire successivamente con rami, foglie e terra. I cavalli ottomani venivano quindi attirati su tale terreno e finivano nelle buche subendo forti perdite. Trecento giannizzeri rimanevano uccisi. Come conclusione i difensori si arrendevano con l'onore delle armi. Dei due dei grandi cannoni che si trovano nel castello, uno era donato dal Doria al Tuttavilla ed uno altro Salviati; gli altri venivano trasportati come trofei nella chiesa della Madonna, da lui fatta erigere a Genova con il bottino dei corsari da lui vinti. Il Mendoza veniva lasciato come governatore della fortezza con un presidio di mille uomini.