La Pala di Aversa (<em>Tiziano</em>). Il quadro celebrava la vittoria navale sui turchi del 1502 ottenuta da Jacopo Pesaro, ammiraglio della flotta pontificia.

La Pala di Aversa (Tiziano). Il quadro celebrava la vittoria navale sui turchi del 1502 ottenuta da Jacopo Pesaro, ammiraglio della flotta pontificia.


Agosto 1502
(Safar 908)


Lefkada, Cerigo

Con Kamal Alì


Persa Mitiline Kemal Alì tornava nello Jonio e faceva base sull'isola di Lefkada (che i veneziani chiamavano Santa Maura) di cui veniva nominato governatore.
L'isola, tanto vicina alle coste da esservi collegata con un ponte, era possedimento turco dal 1479.
Lefkada era dotata di una guarnigione di 2500 uomini, tra giannizzeri, pirati e milizie turche varie. Da questa solida base Kemal Alì infestava l'adriatico e lo Jonio, predando cose e persone e facendo strage di chi gli si opponeva.
I veneziani che più volte ne avevano subito gli assalti, decidevano di allestire una flotta forte di cinquanta galee affidate all'ammiraglio Benedetto Pesaro. A questa flotta si sommavano tredici galee pontifice, su cui viaggiano 2500 fanti dello Stato della Chiesa, affidate al vescovo di Paphos (città sull'isola di Cipro) Iacopo Pesaro che era anche commissario del papa Alessandro VI nonché fratello di Benedetto.
A questo già folto schieramento si aggiungevano due galee dell'anconetano Cinzio Benincasa, il cavaliere di Scalenghe con tre galee dei cavalieri di Rodi e quattro galee francesi agli ordini di Prégeant de Bidoux.
L'obiettivo della flotta era stato deciso in seguito ad un'imprevisto colpo della storia. Mentre la composita flotta cristiana era radunata a Cerigo scoppiava la guerra tra francesi e spagnoli nel regno di Napoli.
Il consiglio di guerra doveva così ridimensionare i suoi progetti ed anziché attaccare le coste dell'Anatolia decideva di assalire Lefkada.

Le galee pontificie, favorite dai venti australi, si infilavano rapidamente nel canale tra la terraferma e l'isola: oltrepassati lo Scorpione, il Dreparo, la punta della Torretta ed il forte di San Giorgio, entravano con coraggio nel grande stagno presso l'estremità del canale dove si trovavano dodici galeotte dei corsari. Le imbarcazioni ottomane speravano con questa mossa di potere cogliere alla sprovvista la squadra del vescovo Pesaro, ma invece, stupiti dal coraggio dei nemici, subivano l'azione dei veneziani.
Iacopo Barbaro e Cinzio Benincasa si spingevano avanti, bombardavano le imbarcazioni avversarie e con le loro bordate costringevano le galeotte nemiche ad arenarsi sulla spiaggia. Così i pontifici potevano sbarcare sull'isola e puntare sulla città di Santa Maura.
I pontifici non indugiavano a fare bottino, proseguivano nella loro azione e rompevano il ponte che collegava Lefkada alla terraferma inoltre appostavano quattro galee sulla costa greca per impedire ogni possibilità di soccorso ai difensori.
Sull'isola sbarcavano 1000 fanti che investivano la piazza forte dal lato meridionale ed occupavano il borgo. Sul far della sera i pontifici, riparati dalle case del borgo, decidevano di alloggiare vicino al castello e tagliavano l'acquedotto che provvedeva all'approvvigionamento idrico della fortezza.
Intanto la flotta veneziana di Benedetto Pesaro, sempre con il favore dei venti australi, risaliva le coste dell'isola dalla parte del mare aperto fino al porto di Demata e tentava di sbarcare sulla spiaggia dei Pineti, ma non era in grado di orzare tanto da accostarsi alla piazzaforte.

Nei giorni seguenti, grazie al miglioramento dei venti, favorita dalla brezza la fanteria veneziana riusciva a sbarcare coperta dal tiro di alcuni pezzi di artiglieria di grosso calibro.
Iniziava così il bombardamento delle cinque cinta murarie del castello alla cui difesa provvedevano, oltre ai corsari, molti giannizzeri e duemila abitanti.
Il governatore turco dell'Epiro spediva in aiuto di Lefkada mille cavalli ed alcuni battaglioni di fanti: tali uomini, giunti alla testa del ponte di congiunzione, venivano presi sotto il fuoco delle quattro galee pontificie e dispersi.
Tra i difensori iniziava a serpeggiare la tentazione di arrendersi. Gli attaccanti approffitavano di questa incertezza ed a fine agosto le cinte murarie, e quindi l'isola, erano espugnate.
Venivano catturati seicento giannizzeri; tutti i corsari fatti prigionieri venivano impiccati ai merli della fortezza.
Kamal Alì, sebbene una prima notizia lo desse tra i giustiziati, riusciva invece a sfuggire miracolosamente alla cattura. Migliaia di schiavi pugliesi, siciliani, calabresi venivano rimessi in libertà.