Una galea con le insegne dell'ordine gerosolomitano
Rodi, Al Ladhiqiyah
Con Kurtog Alì
Dopo la vittoria nel mar Tirreno Kurtog Alì tornava a incrociare nell'Egeo. La sua squadra navale veniva intercettata nelle acque di Rodi dalla flotta dei cavalieri di Rodi, forte di quattro galee e cinque fuste e comandata dal portoghese Andrea d'Amaral, Commendatore della Vera Croce e Gran Priore di Castiglia.
I cavalieri di Rodi riusvicano a catturare ai turchi ben sedici fuste oltre al bottino più rilevante: la galea ammiraglia di Kurtog Alì.
Nello scontro, violentissimo, i cristiani non avevano brillato per magnanimità: avevano fatto solo ventotto prigionieri e ucciso o gettato in mare gli altri superstiti.
Kurtog Alì, bruciato dalla sconfitta, decideva di tornare a praticare la pirateria in proprio e non più agli ordini del sultano.
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Qualche mese più tardi sempre il Commendatore Andrea d'Amaral, al comando di tre galee dell'ordine gerosolomitano, veniva inviato ad incrociare nelle acque di Cipro e della Karamania. Da qui doveva penetrare nel golfo di Al Ladhiqiyah e cercare di sorprendervi le navi del sultano d'Egitto Qunsuh al-Guri, che aveva unito la sua squadra navale con quella ottomana per allestire nel mar Rosso una flotta più grande e combattere i portoghesi nell'Oceano Indiano. Il d'Amaral divideva il comando delle operazioni con il capitano dei vascelli Philippe Villiers de l'Isle Adam. Come previsto secondo i piani dei cavalieri gerosolimitani ventidue navi mamelucche erano ancorate nel porto, il tempo era buono, e tutto il contesto era in teoria favorevole per un attacco con le galee. Salvo che i due capitani cristiani iniziavano a litigare e prevaleva la tesi del de l'Isle Adam che consigliava il combattimento in mare aperto.
Gli egiziani potevano così prendere l'iniziativa e attaccare i cavalieri di Rodi. Nello scontro fra le due flotte veniva ucciso il comandante mamelucco ed era catturata la nave ammiraglia. Gli egiziani si davano alla fuga e sbarcavano a terra, ma con i cavalieri sulle loro tracce, molti fuggitivi venivano uccisi. Venivano rimorchiati a Rodi undici vascelli fra galee e galeotte, mentre altre quattro navi erano date alle fiamme. Lo smacco subito a Al Ladhiqiyah era totale: venivano perfino incendiate a terra immense cataste di legname destinate alla costruzione di nuove imbarcazioni per il mar Rosso. Durante il tragitto verso Rodi gli stendardi del sultano erano trascinati in mare in segno di oltraggio. I vincitori venivano accolti in trionfo con tiri di artiglieria e suono di trombe e tamburi mentre la popolazione si raccoglieva festante sui moli.
La rappresaglia non si sarebbe fatta attendere: il sultano d'Egitto prima faceva incarcerare tutti i mercanti cristiani che si trovavano nelle sue terre e poi faceva compiere un'incursione nel Santo Sepolcro uccidendo tutti coloro che si trovavano presenti sul luogo.
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Nelle stesse settimane giunge a Costantinopoli la notizia della morte del corsaro turco Kara Tornus, protagonista dei primi scontri con i veneziani attorno al Peloponneso circa dieci anni prima.