Ugo di Moncada

Ugo di Moncada


Agosto 1518
(Cha`bân 924)


Algeri

Con Khayr-ad-din Barbarossa


A metà del mese di Agosto Algeri veniva assalita da un esercito spagnolo comandato da Ugo di Moncada e da Martin de Argote forte di settemilacinquecento uomini, trenta vascelli, otto galee ed alcuni brigantini partiti da Napoli. Inoltre faceva parte della spedizione anche il corsaro spagnolo Pedro Bovadilla che si era già fatto un nome per le sue scorrerie tra Siracusa e Zante.
Gli spagnoli intendevano dar fondo a qualsiasi risorsa per sfruttare l'abbrivio positivo dato dall'uccisione di Arouj e la riconquista di Tlemcen. Arrivavano con la flotta davanti ad Algeri soltanto il 24 Agosto, con la stagione già avanzata e grandi onde che si gonfiavano minacciose sotto le poppe delle navi. I comandanti eseguivano comunque gli ordini e sbarcavano millecinquecento soldati che occupavano una collina davanti ad Algeri. Attestati in quella posizione strategica attendevano che giungessero in rinforzo le truppe beduine del loro alleato Buhammud, sceicco di Tlemcen. Dopo una settimana di attesa, visto il continuo crescere delle forze a disposizione del Barbarossa, Ugo di Moncada decideva di impegnare i turchi con continue scaramucce. Dopo altri tre giorni, non essendo ancora comparsi i suoi alleati, decideva di reimbarcare i suoi soldati perché non aveva abbastanza truppe per potere assediare con efficacia la città.
Con l'estate che volgeva a termine, una improvvisa quanto furiosa tempesta si scagliava sulla flotta: le ancora aravano, le gomene si spezzavano, le navi si urtavano e le navi da trasporto, svantaggiate dalle mole andavano sbattere rovinosamente contro gli scogli: ventisei di queste colavano a picco, portando sul fondo del mare quattromila uomini. Ugo di Moncada ritirava allora in fretta e furia i soldati sbarcati, abbandonava sul terreno munizioni e pezzi di artiglieria con l'intento di riparare al più presto a Ibiza.
Barbarossa si portava personalmente sulla costa chiedendo (sotto la protezione della bandiera bianca) e ottenendo la resa degli spagnoli. Ma quando questi sbarcavano era solo con grande fatica che i suoi turchi riuscivano a impedirne il massacro da parte della cavalleria moresca. A quel punto Barbarossa si rivolgeva agli spagnoli (in castigliano) e chiedeva: « Non pensate che persone di rango e alta distinzione dovrebbero sempre rispettare gli accordi? »
« Si » era stata la risposta.
« Perché allora nella battaglia che è costata la vita a mio fratello, avete massacrato anche i turchi che si erano arresi? » « Perché il vostro generale ha mancato di parola? »
« Dagli arabi sono stati uccisi, signore » risposero « non dagli spagnoli »
« Alla stessa maniera avrebbero potuto fare i mori se non avessi dato severi ordini per evitarlo. Ma per dimostrarvi che sono più signore e uomo d'onore del vostro fedifrago generale del quale, credetemi, valgo certamente di più, vi ho promesso anche io la vita e la libertà. Della prima state già godendo; in quanto alla seconda, potrete fare altrettanto qualora riteniate opportuno riscattarla, ognuno a seconda dei propri mezzi. Mentre tutte le ricchezze d'Africa non servirebbero a restituirmi gli amici massacrati. Che il vostro attuale stato di schiavitù e i vostri futuri riscati siano modesta espiazione per la loro perdita. E ciò vi sia anche di monito per il futuro, perché ognuno rispetti maggiormente la propria parola d'onore»

Barbarossa, toltasi questa soddisfazione, lanciava l'inseguimento agli spagnoli inviando a Melilla il proprio luogotenente Caythasan con seicento turchi e duemila cavalli destinati ad altrettanti mori che si univano a questo contro attacco.
Gli spagnoli in rotta erano sopraffatti; il Moncada riusciva a sfuggire alla cattura, ma veniva gravemente ferito al viso a bordo della sua nave ed era costretto a nascondersi sotto alcuni cadaveri. Col favore della notte il comandante spagnolo scivolava in acqua grazie alla catena dell'ancora, nuotava nel porto finché si metteva in salvo su un'imbarcazione diretta a Bougie, uno degli ultimi porti della Barberia controllato dai suoi compatrioti.