Barbarossa mentre regge il tridente
Costantinopoli, Carloforte, Bocche di Bonifacio, Montecristo, Isola d'Elba
Con Khayr-ad-din Barbarossa
Nel Maggio del 1533 Khayr-ad-din Barbarossa veniva richiamato a Costantinopoli dal sultano Solimano per assumere la carica di Kapudan Pascià, la terza carica dell'impero che comportava il comando supremo della flotta. Molti erano i motivi che avevano spinto il vizir Ibrahim Pascià a suggerire questa mossa: la volontà di rifondare la marina, la comprovata capacità di addestramento del Barbarossa, il desiderio di avere un punto di appoggio vicino a quella Tunisi che voleva conquistare, la scelta tattica di avere sullo scacchiere una figura che potesse infilarsi nelle beghe degli stati cristiani.
Dopo essere salpato Barbarossa decideva di sfruttare i mesi estivi prima di rispondere alla convocazione del Sultano. Compiva razzie in Sardegna e in Sicilia dove saccheggiava alcuni mercantili spagnoli carichi di grano. Secondo Prudencio de Sandoval il Barbarossa giungeva a Costantonopoli con una galeotta e quattordici legni, fiancheggiato da diciotto reis che conducevano millequattrocento schiavi, tra cui duecento donne destinate all'harem del Topkapi, cammelli sciabordanti gemme preziose, oro, argento, leoni, belve esotiche, balle di tessuti, brocche.
Non era servito un gran ragionamento al Barbarossa per accettare la carica che comportava anche il ruolo di vizir e quindi poter accedere alle riunioni del divan, primo uomo di mare ad ottenere tale onore. Carica a cui si sommavano il titolo di beyrelebey di Algeri e il nuovo titolo di eyalet dell'arcipelago, quello che i documenti spagnoli chiamavano "capitano del mare".
Barbarossa, ricevuto lo stendardo verde e le insegne da apporre sulla sua capitana, montava quindi sulla sua ammiraglia e salpava le ancore alla testa di sette galee e di undici fuste, spalleggiato dal corsaro egiziano Tabach Rais.
Anziché navigare direttamente verso levante, risaliva il mar Tirreno, piombava sulle coste meridionali della Sardegna razziandovi schiavi e bottino.
Avvistava quindi alcune navi ferme all'isola di Carloforte e appartenenti al corsaro di Djerba Delisof, che stava incrociando in quelle acque con una galea e quindici fuste. I due si salutavano, il Barbarossa pregava il Delisof di viaggiare di conserva con le sue navi sulle coste siciliane. Delisof preferiva risalire verso nord congiuntamente con il Barbarossa. I due toccavano le bocche di Bonifacio e l'isola di Montecristo. Su ques'ultima isola uno schiavo, originario dell'isola d'Elba prometteva ai due corsari di indicare loro un buon piano per una scorreria sulla sua isola natia in cambio della sua liberazione.
Barbrarossa e Delisof sbarcavano nella notte all'Elba, seguendo le indicazioni della guida catturavano molti abitanti sorpresi nel sonno nel villagio di Rio. Gli abitanti della limitrofa Grassera, uditi i rumori, facevano in tempo a ritirarsi nella fortezza di Giove ed opporre una fiera resistenza. Il paese, così come la chiesa di San Quirico, veniva però distrutto.