Il canale di Piombino e sullo sfondo l'Elba

Il canale di Piombino e sullo sfondo l'Elba


Maggio 1533
(Chawwâl 939)


Piombino, Pantelleria, Lampedusa, Messina, Alessandria d'Egitto

Con Khayr-ad-din Barbarossa


Il Barbarossa restava nelle acque italiane muovendosi nel canale di Piombino lungo il quale conduceva un inutile inseguimento ai danni di una nave che si salvava al riparo dei cannoni del locale forte. Sempre nello stesso canale, scorgeva tredici imbarcazioni di Genova cariche di frumento. Partito all'assalto ne riusciva a catturare otto che faceva bruciare di fronte a Piombino.
Le cinque navi restanti riuscivano a fuggire sebbene inseguite da Delisof che entrava in lotta con una di queste. Nello scontro si inseriva una fusta del Barbarossa e, nel pieno della colluttazione, un colpo di archibugio uccideva lo stesso Delisof. Dell'uccisione, secondo fonti veneziane, era sospettato come mandante lo stesso Barbarossa che voleva impadronirsi della sua galea, del suo equipaggio e dei quattrocento prigionieri spagnoli che vi erano trattenuti a bordo.
Superato questo episodio il Barbarossa continuava a depredare le coste della Sicilia dando la caccia anche a cinque navi biscagline, dirette nei porti della costa meridionale per caricarvi frumento. Queste sfuggivano alla cattura con il favore del vento e si rifugiavano nell'isola di Pantelleria.
Barbarossa scendeva dunque fino a Lampedusa, isola che per lunghi periodi fungeva da porto franco. Tornato verso nord si impossessava di altre diciotto navi davanti a Messina, le svuotava degli equipaggi e le dava alle fiamme davanti al porto. Ben millequattrocento tra sardi e siciliani erano stati fatti prigionieri nel corso della spedizione. A Messina per poco il Barbarossa non incrociava Antonio Doria che stava organizzando (tra Napoli e la città dello stretto) una nuova spedizione contro i turchi.
Il Barbarossa metteva la prua ad est e giungeva quindi ad Alessandria d'Egitto dove lasciava una nave ponentina da quattrocento botti da lui conquistata in precedenza da inviare in dono, con altri presenti, al gran visir Ibrahim Pascià.