Barbarossa mentre regge il tridente
Koroni, Costantinopoli, Aleppo
Con Khayr-ad-din Barbarossa
Nel pieno dell'estate Khayr-ad-din Barbarossa decideva di attaccare nuovamente Andrea Doria che era reduce da una vittoriosa campagna nel Peloponneso culminata dalla sconfitta inferta a Lufty Bey al largo di Koroni. Il corsaro barbaresco si metteva alla testa di venticinque navi cercando di intercettare il genovese tra Preveza e Brindisi.
L'operazione riusciva solo parzialmente permettendo comunque al Barbarossa di catturare sette galee agli imperiali ed entrare, tre mesi dopo la convocazione, a Costantinopoli, dopo aver raccolto altri legni per strada per strada, alla testa di una flotta di quaranta vele.
Una volta doppiata la punta del serraglio le navi entravano nel corno d'oro con tranquilla sicurezza: la galea del Barbarossa si distingueva per la larga fascia d'oro che indicava la presenza del beylerbey di Algeri. Un'armonia di dolci suoni si udiva a distanza perché il Barbarossa amava la musica a bordo. Nella capitale gli era destinato il magnifico palazzo di Santa Sofia e il Barbarossa si presentava nuovamente al sultano Solimano carico di ricchi doni. Dalle sue navi sbarcano, infatti, cento cammelli carichi di sete, panni d'oro ed altri beni preziosi di Spagna e d'Italia, duecento donne vestite in modo suntuoso, ciascuna con in mano un vaso d'oro, una folla di eunuchi e di giovani vestiti con ricercatezza e, infine, per ultimi comparivano nel corteo anche alcuni leoni del deserto.
Il Barbarossa appariva in sella a uno stallone, che era stato dono del sultano mentre gli statisti si radunavano sul molo per osservare i rozzi lupi di mare le cui gesta erano sulla bocca dell'europa intera. Attraversate file di gianizzeri che facevano da ala il Barbarossa, così come otto dei suoi capitani, si chinava a baciare la mano destra del Sultano che ripagava tutti regalando loro dei caffetani e assegnando uno stipendio a ciascuno. Al Barbarossa spettava uno stipendio di quattordicimila ducati provenienti da parte delle tassazioni delle isole di Rodi, Lesbo e Eubea.
Il corsaro si recava poi a cavallo, insieme ai suoi compagni, ad Aleppo dove si trovava il gran visir Ibrahim Pascia che aveva caldeggiato la sua nomina ad ammiraglio. Agli uomini del divan non era sfuggito infatti il confronto tra le capacità del Barbarossa di dominare nel Mediterraneo centrale e occidentale con le difficiltà turche nell'arrestare la controffensiva del Doria e degli imperiali nel Peloponneso.
Venti giorni dopo, sulla via del ritorno verso Costantinopoli, il Barbarossa si tratteneva devotamente prima a Cania alla tomba del poeta mistico e ulema sunnita Gialal al-Din Rumi. Ripartito si fermava nuovamente a Brusa per omaggiare Muhammad ibn Ismail al-Bukhari, autore di quella che era considerata la più fedele raccolta di narrazioni della vita di Maometto.
Giunto a Costantinopoli riceveva le insegne di Kapudan Pascià con cui si ufficializzava il suo comando supremo dell'armata marittima del sultano.
Acclamato e corteggiato, Khayr-ad-din Barbarossa diventava un uomo di stato, si troverà a capo di un partito sempre più potente, in quanto estremamente abile nell'ordire intrighi, sia nel serraglio che nell'harem.
Il Barbarossa risulterà uno dei più validi partigiani del gran visir e della sua alleata, una delle sultane, la schiava circassa Gulbahar: contrasterà, in tal modo, il partito del capo degli eunuchi Amber Aga e quello della sultana Rossana, figlia di un pope delle sponde del Dniepr, a sua volta rapita da bambina dai turchi per essere, di seguito, venduta all'asta.