Una battaglia tra un galeone del Barbarossa e un galeone dei cavalieri di Rodi
Costantinopoli, Gelibolu, Eubea
Con Khayr-ad-din Barbarossa
Nel mese di Aprile, Khayr-ad-din Barbarossa riceveva anche la nomina a Sangiacco di Rodi e di Eubea.
I preparativi per la campagna per mare erano ormai ai dettagli: sessantamila quintali di biscotti erano pronti a essere caricati, a cui se ne sarebbero aggiunti altri trentasei mila da caricare a Eubea. Gli uomini venivano divisi sulle varie galee in modo che se ne trovassero tra i cento e i centoventi per imbarcazione.
Tutte le galee erano armate con tre petrieri prodieri, solo una aveva a bordo un basilisco a prua (che peraltro era utilizzabile per un solo colpo) e trentaquattro pezzi da campagna in bronzo. Molte galee disponevano di cannoni di bronzo o di ferro, destinati agli assedi, che venivano trasportati sottocoperta per non compromettere la stabilità dell'imbarcazione. Nella Santa Barbara ogni galea disponeva di cento proiettili in pietra e di trentaquattro quintali quintali di polvere da sparo.
Il cannone principale, il corsiero (bastopu in turco) pesava circa due tonellate ed era collocato a prua, rivolto in avanti, ed agganciato ad una corsia centrale. Sparava palle di circa 25kg, tendenzialmente di pietra perché gli artiglieri ottomani tendevano a sparare da più vicino dei loro nemici e la pietra aveva un effetto più dirompente del ferro perché si frantumava all'impatto col fasciame o le parti strutturali delle galee. Al cannone principale erano affiancati due cannoni minori da circa settecento chilogrammi, ogni galea sparava quindi tre colpi prima di caricare,. A volte l'armamento era completato da pezzi più leggeri come falconetti e colubrine, caricati a rame, che si potevano disporre lungo le murate.
La flotta che lasciava Costantinopoli il 23 Maggio contava cinquantadue galee a cui se ne sarebbero unite trenta a Gelibolu per arrivare a un totale di ottantadue galee, tre delle quali erano capitane con fanali di ornamento a poppa.
L'ammiraglia era spinta da centosessanta schiavi cristiani che remavano a scaloccio (ossia con più rematori per banco) con ventisei o ventisette banchi per banda ciascuno azionato da tre rematori, presentava un solo albero armato a vela latina, una lunga asta a prora del baldacchino che era ornato dallo stendardo verde e una triplice lanterna poppiera (simile ai fanò veneziani.
Più di milleduecento vogatori cristiani azionavano i remi delle navi, molti erano però volontari che accorrevano solo per la fama e il desiderio di conquistare bottini in mare. A questra composizione si dovevano aggiungere i sipahi ed i giannizzeri fedelissimi del Barbarossa.
Un piccolo tesoretto di cinquantamila ducati in oro e quarantamila ducati in gemme ed altri preziosi veniva imbarcato per finanziare la missione.
Le spie imperiali dissemninate nel Corno d'Oro prendevano appunti preoccupate.