Capri, veduta aerea
Messina, Reggio Calabria, Cetraro, Capri, Napoli, Procida, Gaeta, Sperlonga
Con Khayr-ad-din Barbarossa
Dopo questi successi Khayr-ad-din Barbarossa calava sull'Italia. Di primo mattino, su un mare che pareva prigo, iniziavano a risuonare i battiti cadenzati dei remi delle galee cariche di gianizzeri armati fino ai denti. Giunto di fronte a Messina, catturava e dava alle fiamme, proprio davanti al faro, una nave carica di carni salate, diretta da Napoli a Malta.
Proseguiva poi superando lo stretto e, lasciatosi alle spalle Capo Spartivento, piombava su Reggio Calabria dove si impossessava di sei navi mercantili che si trovavano nella rada, oltre che di ottocento schiavi da destinare alla voga sulle galee o agli harem.
Il giorno seguente espugnava il castello di San Lucido, facendo novecento prigionieri e continuava poi la spedizione verso nord effettuando in ogni dove continui colpi di mano. Risalendo il Tirreno dava alle fiamme l'abitato di Cetraro ed il relativo arsenale dove si trovava il legname raccolto per la costruzione di alcune imbarcazioni e lo scafo di sette galee, quasi ultimate. Faceva anche bruciare le messi già mature nelle campagne circostanti.
Sbarcava quindi a Capri saccheggiandola e devastandone buona parte, prima di dare alle fiamme molte costruzioni.
Entrava nel golfo di Napoli e bruciava alcuni bastimenti spaventando la popolazione che temeva un imminente sbarco. Il vicerè partenopeo disponeva di forze troppo esigue per tentare di fermare la flotta.
Così Barbarossa faceva rotta indisturbato su Procida che veniva messa a ferro e fuoco proprio come le mete precedenti. Bombardava Gaeta che a lungo era stata contesa tra francesi e spagnoli e distruggeva Sperlonga riducendo in schiavitù gli abitanti. Su tutta la cosa tirrenica si spargeva il terrore.