A destra: Rodi nel 1480; a sinistra: Rodi nel 1522 ricostruita su una mappa moderna. Rimane la stessa distribuzione della mura, ma si possono notare i bastioni nei fossati davanti al settore inglese e a quello spagnolo.
Rodi
Con Talaisman Rais
A Rodi scarseggiavano polvere da sparo e generi alimentari, tanto che era stato necessario razionarli ulteriormente. Le mura erano a terra, i difensori praticamente dimezzati, la popolazione in preda agli stenti, i feriti ammucchiati in tutte le case come cataste di legna.
La notizia che non sarebbero arrivati aiuti aveva gettato nel panico più completo i sopravvissuti, che ora vedevano chiaramente il loro futuro: nessuno ne sarebbe uscito vivo.
L’Isle-Adam aveva tutta l’intenzione di rendere Rodi un fortezza di martiri, ma la popolazione non era dello stesso avviso, tanto che gli mandava alcuni ambasciatori per fargli considerare la possibilità di scendere a trattative con i turchi. In realtà, la memoria presentata dai cittadini aveva il sapore della minaccia, visto che si chiedeva al Gran Maestro di trattare oppure avrebbero provveduto i cittadini stessi alla salvezza della città.
Sulle prime, l’Isle-Adam si rifiutava di prendere in considerazione la proposta, poi però aveva voluto sentire il parere dei suoi due uomini più importanti, Martiniego e Pregeant de Bidoux, il primo a capo delle fortificazioni, e appena ristabilitosi da un colpo d’archibugio che lo aveva reso cieco di un occhio, il secondo a capo dell'arsenale delle munizioni. Entrambi, pur essendo uniti dall’odio per gli islamici, avevano fatto capire al Gran Maestro che la città sarebbe capitolata. Non c’erano più uomini per le riparazioni, le mura avevano talmente tante brecce da non essere più difendibili ed era rimasta polvere da sparo sufficiente ad un solo assalto, ma forse neanche quello.
L’Isle Adam aveva allora radunato il Consiglio dell’Ordine, dove avevano prevalso i favorevoli ad una trattativa. Martiniego e Pregeant de Bidoux sarebbero andati a prendere una lettera di Solimano. Le condizioni erano chiare: avrebbe permesso a tutti di abbandonare l’isola con i propri averi, rodiani compresi, e non avrebbe danneggiato o vessato coloro i quali fossero rimasti. Il Consiglio ordinario accettava le condizioni, ma L’Isle-Adam non si arrendeva e si rivolgeva al Consiglio Compito (ovvero il Consiglio Ordinario con l’aggiunta di 16 membri anziani, due per ognuna delle otte Lingue), ma anche in quella sede erano prevali i “pacifisti” favorevoli alla resa.
L’11 Dicembre 1522 venivano inviati a Solimano due ambasciatori per chiudere le trattative. A sua volta, il sultano ottomano spediva in città due ostaggi, confermando una tregua di tre giorni. Durante i colloqui, Achmet pasha confessava a uno degli ambasciatori, de Grolee, che nell’assedio erano morti quarantaquattromila turchi e altri quarantamila erano rimasti feriti. La cifra appariva esagerata, ma di certo era più verosimile dei ventimila morti complessivi riportati dalle fonti moderne. Inoltre, spesso non venivano computate le migliaia di zappatori e minatori ungheresi che avevano aperto la strada scavando trincee e tunnel. Probabilmente trentacinquemila morti sembrano la cifra più plausibile.
La tregua veninva interrotta dall’idiozia di un Cavaliere, de Fournon, che aveva scaricato un cannone sui turchi che stavano inermi nei pressi delle mura. Così Solimano aveva risposto con l’ennesimo cannoneggiamento della città.
I cittadini corsero da L’Isle-Adam dicendogli che, fallite le trattative, avrebbero preferito morire con le armi in mano piuttosto che divenire schiavi dei turchi. Il Gran Maestro allora coglieva la palla al balzo e posizionava tutti i soldati rimanenti ed i cittadini sulle mura, facendo impiccare chi si allontanava dalla guardia.
Il 17 Dicembre, i turchi assaltavano il barbacane di Spagna e piantavano i loro stendardi sulle mura. A difenderle non c’era rimasto quasi nessuno, giusto qualche decina di soldati contro migliaia di ottomani.
Cavalieri e cittadini pressavano nuovamente L’Isle-Adam per fargli riallacciare le trattative. Il gran Maestro tentava di corrompere la volontà di Solimano con il denaro, ma il suo generale rispondeva all’ambasciatore che i forzieri del sultano traboccavano d’oro.
Infine, una nuova ambasciata ottenneva da Solimano il trattato favorevole che aveva concesso in precedenza. L’Isle-Adam spediva in ostaggio venticinque Cavalieri e venticinque Rodiani e Ahmet entrava in città con trecento giannizzeri, piantando sulle mura la mezzaluna ottomana. Durante questa cerimonia, decine di navi comparvero all’orizzonte, e tutti pensavano che finalmente qualcuno avesse inviato aiuti ai Cavalieri. Si trattava invece di altri quindicimila giannizzeri di stanza in Persia, corsi in aiuto del sovrano. Solimano agiva con grande correttezza, e non sfruttava il nuovo contingente, lasciando invariati i termini dell’accordo.
Durante questa seconda tregua, Solimano chiedeva al Gran Maestro di fargli visita al campo. Una volta faccia a faccia, Solimano gli proponeva di convertirsi all’Islam e divenire un suo generale. Il Gran Maestro però si limitava a rifiutare e veniva licenziato dopo aver ricevuto una gran copia di doni (che fece dividere fra i Cavalieri).
Al primo incontro ne era seguito un secondo, nel palazzo del gran maestro,. Un colloquio molto amichevole, durante il quale Solimano aveva detto al Gran Maestro di sbrigare con comodo le faccende dell’Ordine, senza preoccuparsi del termine di dodici giorni, visto che lo avrebbe prolungato a piacimento dei Cavalieri. Solimano lo aveva appellato anche con il titolo di “padre” e aveva ordinato che i suoi uomini consegnassero agli Ospitalieri tutte le vettovaglie necessarie per il viaggio. Inoltre, aveva fatto restaurare a proprie spese la caracca del Gran Maestro, ridornendolo di grosse somme di denaro e concedendogli un salvacondotto nel caso fosse stato attaccato dai pirati turchi nel Mediterraneo.
Solimano aveva mostrato quindi un rispetto commovente nei confronti dei vinti, nonostante avessero causato delle perdite così terrificanti nel suo esercito invincibile.
Il 1 Gennaio 1523, i Cavalieri sopravvissuti abbandonavano Rodi, per sempre. Al loro seguito, quattromila rodiani.
Dopo questa fortunata missione il nome di Talaisman Rais sarà un po' più defilato nelle cronache del tempo.